Era arrivato a Roma senza fanfara, quasi in punta di piedi, affrontando la Lazio, prima esperienza importante per lui. Mister Stefano Pioli, colui che prima di Inzaghi aveva ricompattato l’ambiente trascinando i biancocelesti fino al terzo posto.

Un’avventura che aveva raggiunto il punto massimo nella notte al San Paolo, drammatica, sofferta e commovente, aveva fatto esplodere il fenomeno Felipe Anderson …. Tanto spettacolo e poi il baratro. Non è passata un’eternità, basterebbe guardare poco indietro per ricordare.

Più alto è il trono, più forte il tonfo quando si cade e così anche Pioli cadde.

Un amore finito troppo presto, un prezzo che non avrebbe dovuto pagare solo lui.

Caro ex mister però, abbiamo imparato ad amare la tua riservatezza e signorilità, quell’essere lontano dai proclama, sempre in punta di piedi. Al Franchi non si è visto. Non si è visto perché all’andata un arbitro vi ha graziato regalandovi un pareggio e derubandoci dei tre punti, perché anche stavolta vi è stato concesso di tutto, dall’espulsione di Murgia ad un rigore praticamente inesistente.

Dov’è finita tutta la sua signorilità? È svanita davanti ad una sconfitta meritata. Dove sta la signorilità nell’andare a prendere di petto Milinkovic-Savic perché non le è andata giù l’esultanza di un ragazzo che festeggia?

Dove è finita la signorilità nel non ascoltare le ragioni da parte di un suo ex calciatore, spiegazioni che neanche le erano dovute? Alla fine Damato ha fatto una cosa giusta: mandarla negli spogliatoi.

Caro mister Pioli, bisogna saper perdere perché, ad essere signori quando si vince, son buoni tutti!

 

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